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L’Irpinia di oggi di ieri e di domani. FinPosteItalia riaccende la speranza! approfondimenti

La storia.

Quest’anno è stato il 150esimo anniversario dell’unità d’Italia eppure il regno delle due Sicilie preunitario era uno degli stati europei più prosperi, nel quale l'emigrazione era cosa del tutto sconosciuta. La sua posizione strategica al centro del Mediterraneo e la sua politica di fiera indipendenza concorrevano contro gli interessi delle grandi potenze europee e dei Savoia. Il capitale circolante delle Due Sicilie era più del doppio di quello di tutti gli altri Stati della penisola messi insieme; il debito pubblico era completamente garantito; il rapporto tra debito, con interessi, e prodotto interno lordo era il 16% in Piemonte era del 75%. Nel meridione, fino all'unità d'Italia, le migrazioni furono scarse e temporanee. Il fenomeno più grosso era quelli degli Abruzzesi che, stagionalmente, in numero non superiore a 30.000, si recavano nel casertano e nella campagna romana. Nel settentrione, invece, il fenomeno era massiccio, varie centinaia di migliaia di persone migravano e, di queste, molte definitivamente. Ora, io qui non vi voglio assolutamente parlare dei motivi storici che condussero alla scomparsa di questo stato, ma se mi seguirete, vi parlerò, del movimento migratorio che spinse grandi masse di meridionali ad abbandonare le loro terre per spostarsi nel nord del Paese.

 

La valigia di cartone: ricordi  e illusioni.

Chi non ricorda la classica valigia di cartone dei propri nonni, simbolo di sacrificio e di dolore, sinonimo di un lavoro pressoché sicuro (probabilmente fino alla pensione)  e un futuro di più ampie prospettive per se e per i propri figli. Nell’indagine condotta dalla Banca d’Italia nel Gennaio del 2010 sulla “Mobilità del lavoro in Italia”, ci descrive un quadro desolante della triste realtà del nostro Paese e dell’ emigrazione dal Sud verso il Nord. In 15 anni, non si è avuto un miglioramento della situazione, ha invece raggiunto proporzioni epiche che non hanno proprio nulla da invidiare a quanto accaduto durante il boom degli anni ‘50 e ‘60.
Tra il 1990 e il 2005 quasi 2 milioni di cittadini italiani sono stati costretti ad abbandonare il Sud per andare a trovare un impiego in qualche cittadina del Nord.
E le cose sono persino peggiorate rispetto a 40 anni fa! La valigia di oggi non è più fatta di “cartone” ma almeno era carica di speranze e aspettative.  Oggi, invece, è colma di precarietà e flessibilità, quindi, si parte con un carico di incognite ben più pesanti e difficili da gestire. Roberto Saviano nostro conterraneo dice: «…emergere soprattutto al Sud, in un contesto dove il solo diritto di respirare lo devi spesso barattare con la compromissione dell’anima e la castrazione di ogni sogno». Allora i giovani preferiscono non lottare ma realizzare i loro sogni altrove, e andare via con la speranza di un futuro migliore. La questione meridionale quindi, lungi dall’essere risolta almeno sul fronte occupazionale, quello del lavoro al sud per intenderci, esiste in tutta la sua drammaticità! Uno dei fattori chiave per tenere viva la speranza in un reale cambiamento per tutto il Paese è puntare sui giovani.

Il terrone e la speranza.

Il termine “terrone” si diffuse nei grandi centri urbani dell'Italia settentrionale con connotazione spesso fortemente spregiativa e ingiuriosa e, come altri termini della lingua italiana e dei suoi dialetti (villano, contadino, burino e cafone) stava per indicare "servo della gleba" e "bracciante agricolo" ed era riferita agli immigrati del meridione. Gli immigrati venivano quindi considerati , quasi dei contadini sottosviluppati; da qualche altro invece il termine voleva significare caratteristiche personali negative, tra le quali ignoranza, scarsa voglia di lavorare, disprezzo di alcune norme igieniche e soprattutto civiche, rimaneva, dunque, un insulto finalizzato a chiari intenti discriminatori. Anche se era Italiano come gli altri, il meridionale si sentiva il terrone impacciato, di una razza inferiore, un terrone da relegare in un recinto. Si  sentiva abbandonato e incompreso da tutti, passava da umiliazione in umiliazione. Talvolta andava in cerca di casa e trovare cartelli con su la scritta «non si fitta a meridionali», sono tutte cose che il mite lavoratore del Sud ha dovuto subire in silenzio e da solo. Oggi molti sono i pensionati che ritornano nel nostro sud e i figli,  giovani che, per la gioia dei genitori e ossessionati dalle loro origini, vogliono ritornare quaggiù. E dopo tanti anni, non si sentono più meridionale impacciati, di una razza inferiore, e terroni relegati in un recinto. Anzi si sentono pronti ad investire nella propria terra per regalare migliori aspettative ai propri figli. A questo ha pensato FinPosteItalia col bando privato per l’apertura di uffici postali multiservizio nella regione Campania. Un’opportunità soprattutto per i giovani di far ritorno nella propria terra, e  disfare per sempre quella valigia, questa volta carica di speranze e aspettative, spingendosi verso il mondo del lavoro autonomo, aprendo un ufficio postale nel proprio paese, perché no, nel proprio quartiere.  FinPosteItalia vuole ridare fiducia al nostro Sud consapevole che  la speranza è l’ultima a morire!!

Ufficio stampa

Maria Rosaria Cappuccio 

Comunicato di Avatar di finanzattivafinanzattiva | Pubblicato Mercoledì, 14-Set-2011 | Categoria: Lavoro
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