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Giocare a carte per sentirsi libere e raccontarsi approfondimenti

Sebbene i luoghi tradizionalmente riservati al gioco delle carte maschile siano sempre stati in un certo senso “interdetti” alle donne, le donne hanno sempre giocato a carte quanto gli uomini. L'unica differenza, come in tanti altri campi, è che l'hanno sempre fatto nelle aree private e domestiche. Sono piuttosto sicura di quello che scrivo, perché parlo per esperienza personale. Nel mio caso, infatti, è stata proprio mia nonna ad insegnarmi tutte le regole dei giochi a carte.

Ero bambina, e nelle nostre estati al mare passavamo insieme interminabili mattinate all'ombra con un mazzo di carte napoletane. Avevo solo dieci anni, ma già conoscevo il piacere di una partita a briscola, la foga di un tressette o il sottile brivido del bluff nella briscola chiamata.

Qualche anno dopo, quando ero al liceo, mi sono ritrovata ancora una volta a giocare a carte con una donna. Lei si chiama Melania, ed era una delle mie migliori amiche, ormai perse di vista ora che ho circa trent'anni. Per giorni e giorni, io e Melania non abbiamo fatto altro che giocare a Scala Quaranta o a Burraco. Rispetto all'infanzia, avevo scoperto le carte francesi, ed era un bel gusto, un gran divertimento. Mi sentivo più grande. Ma non era soltanto questione di carte, era anche questione di tempo di qualità. Con Melania, infatti, si approfittava delle lunghissime partite per parlare di noi, confidarci i nostri segreti di adolescenti, i primi amori, i pettegolezzi.

Quei lunghi pomeriggi me li ricordo come tempo di preparazione alla vita vera, come un'incubatrice di pensieri ed azioni che avrei messo in pratica più tardi, nella vita adulta.

Soltanto di recente ho avuto il piacere di scoprire un film delizioso: “Due partite” di Cristina Comencini, nel quale la trama si articola sui pomeriggi dedicati al gioco delle carte da quattro donne degli anni Sessanta alle prese con una vita banale ed un mondo in rivolta. Il film si sofferma anche sulle loro figlie, che trent'anni dopo si ritroveranno intente a tirare le somme delle proprie vite ed a cercare di capire le scelte delle proprie madri. Anche questo incontro si svolgerà davanti ad un mazzo di carte.

Può darsi che il gioco consenta davvero di aprirsi, sia un pretesto per raccontare e raccontarsi, ma anche per dedicare del tempo solo a se stesse, privilegio assai raro per le donne. E nel caso di vincite in denaro, quei soldi sono loro, non sono lo stipendio del marito e non sono la dote della famiglia di provenienza. Lo dice anche Margherita Buy nel film: “Quando vinco al gioco, quei soldi sono solo miei.”E vi pare poco, in una società che tendeva ad espellere le donne dal mondo del lavoro ed a “rinchiuderle” nelle gabbie dorate della loro vita domestica?

 

 

Oggi, leggo su alcuni articoli di approfondimento su internet che la presenza femminile nel gioco online è molto sostanziosa. E ridacchio, perché penso alle migliaia di donne che amano le carte e che finalmente possono venire allo scoperto, finalmente possono giocare con migliaia di altri utenti restando nelle loro case, senza il bisogno di recarsi in posti che, spesso, sono ancora considerati sconvenienti per una signora. Forse non si tratta di un fenomeno sociologico vero e proprio, forse sto trattando con superficialità un tema molto più profondo di quanto sembri, ma io credo che l'accesso al computer ed alla rete in generale, ed ai giochi di carte online in particolare, abbia rappresentato una piccola rivoluzione nel mondo femminile.

 

 

Comunicato di Avatar di giorgiaminozzigiorgiaminozzi | Pubblicato Lunedì, 19-Nov-2012 | Categoria: Gioco-Online
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