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Cittadinanza: ius soli e nuovi italiani

La cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori immigrati e ai ragazzi cresciuti sul suolo della Repubblica, è entrata a pieno titolo nel dibattito pubblico, tra posizioni garantiste e strenue difese di una supposta “italianità”.Al centro del dibattito l’opzione tra ius sanguinis e ius soli. La legge n. 91 del 1992 infatti contempla esclusivamente il principio dello ius sanguinis, che prevede l'acquisizione della cittadinanza per il fatto della nascita da un genitore in possesso di tale diritto. In base a questa legge è cittadino per nascita: 

  • il figlio di padre o di madre cittadini 
  • chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono. 
  • È considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.

Poiché la legge non riconosce lo ius soli, che invece prevede l'acquisizione della cittadinanza per il fatto di nascere nel territorio dello Stato, i bambini che nascono in Italia da genitori immigrati sono considerati stranieri. Potranno presentare richiesta di cittadinanza soltanto al compimento dei 18 anni purché possiedano il requisito della residenza legale ininterrotta e avranno un anno di tempo per presentare domanda. I bambini stranieri provenienti da paesi esterni all’Unione Europea sono soggetti alle norme che regolano la cittadinanza per gli immigrati extracomunitari e potranno dunque ottenerla dopo 10 anni di residenza legale ininterrotta in Italia.La riforma della legge sulla cittadinanza è da più parti invocata come uno strumento indispensabile per adeguare il diritto alla realtà di un paese che da anni ha assunto le caratteristiche di una nazione multiculturale: il dossier statistico realizzato da Idos e Unar nel 2013 parla di 4,3 milioni di stranieri residenti, il 10% dei lavoratori sono immigrati, nelle scuole ci sono 786.650 studenti di origine straniera - 8,8% del totale - e degli alunni senza cittadinanza il 47,2% è nato in Italia. Un quinto dei bambini nati in Italia ha almeno un genitore straniero. La riforma della legge sulla cittadinanza, con il riconoscimento del principio dello ius soli, è l’obiettivo della campagna nazionale l’Italia sono anch’io, promossa da 22 organizzazioni della società civile che nel 2012 hanno raccolto le 50 mila firme necessarie alla presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare che prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana:
per i nati in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno sia legalmente soggiornante da almeno un anno, secondo il principio dello ius soliper i nati in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italiaper i bambini stranieri entrati in Italia entro il decimo anno di età e legalmente soggiornanti, al compimento del diciottesimo anno di etàper i bambini stranieri che hanno frequentato una scuola italiana
Il 21 marzo del 2013 è stata depositata alla Camera la proposta di legge “Disposizioni in tema di acquisto della cittadinanza italiana”, firmata dai parlamentari del Partito Democratico Khalid Chaouki e Cécile Kyenge, dall'allora segretario Pierluigi Bersani e dal capogruppo Roberto Speranza. Tra i punti principali:
l’acquisto della cittadinanza per i bambini nati da genitori stranieri regolarmente residenti da almeno cinque anni, oppure arrivati qui entro i dieci anni che concludono un ciclo scolastico (scuole primarie o secondarie) o un percorso di formazione professionale.la dichiarazione per l’acquisto della cittadinanza può essere presentata dai genitori o dai figli una volta diventati maggiorennil’applicazione della nuova legge anche a chi è nato  in Italia o ci è arrivato entro il decimo anno di età prima della sua entrata in vigore
A quasi un anno dalla presentazione, la proposta sembra essere ben lontana dal divenire legge. Ad opporsi alla riforma della cittadinanza sono soprattutto i politici della Lega, che hanno reagito all’ipotesi con manifestazioni, raccolte di firme contro lo ius soli e insulti razzisti al ministro dell’integrazione Cécile Kyenge. Anche Beppe Grillo si è opposto alla modifica della legge: “Una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari e di politici in campagna elettorale permanente”. Per il leader di M5S la legge può essere cambiata: “Solo attraverso un referendum nel quale si spiegano gli effetti di uno ius soli dalla nascita”.  A invocare con forza la riforma della legge sulla cittadinanza è invece il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, per il quale chi non capisce la portata del fenomeno migratorio e quanto servano gli immigrati all'Italia non sa guardare "alla realtà e al futuro". Per Napolitano i nuovi italiani rappresentano "una grande fonte di speranza» per il paese e servono anche loro a sostenere “il fardello del debito pubblico”. Senza di loro l'Italia oltre ad essere più vecchia "avrebbe meno potenzialità di sviluppo". Di conseguenza: “È una follia che i figli di immigrati nati in Italia non siano cittadini”. I sostenitori dello ius soli citano l’esempio dell’America, dove i bambini, per il solo fatto di essere nati sul suolo americano, ottengono la cittadinanza. In Europa questo principio è applicato da Grecia, Francia, Portogallo, Irlanda, Regno Unito e Finlandia, ma con alcune condizioni. In Francia ad esempio i figli degli immigrati possono presentare richiesta di cittadinanza purché siano vissuti stabilmene sul territorio del paese per almeno 5 anni.Tante sono le associazioni che continuano a battersi per il riconoscimento della cittadinanza ai bambini nati o cresciuti sul suolo italiano. E diversi sono i comuni che hanno deciso di conferire la cittadinanza onoraria ai bambini stranieri: se il capofila fu Torino nel 2012, nel 2013 anche il Comune di Roma ha aderito all’iniziativa promossa dal Municipio II nell’ambito della campagna UNICEF “Io come tu, mai nemici per la pelle”, che ha convinto oltre 200 Comuni italiani a garantire questo riconoscimento simbolico ai figli degli immigrati nati qui.  Quello che dovrebbe davvero far riflettere sono le testimonianze e le esperienze dei ragazzi. Che attraverso i documentari come 18 ius soli e i video prodotti da ZaLab raccontano la feroce contraddizione tra l’essere cresciuti italiani e l’essere considerati stranieri. A casa, trattati come ospiti. Italiani stranieri che a 18 anni devono decidere cosa fare perché la loro permanenza in Italia è subordinata a motivi di lavoro o di studio: pena il rimpatrio nel paese dei genitori, che spesso non hanno mai conosciuto. Italiani che non possono partecipare ai concorsi pubblici, che per viaggiare hanno bisogno di 1000 documenti, che ogni anno devono sopportare lo strazio burocratico del permesso di soggiorno se vogliono restare nel paese dove sono nati o cresciuti.  Italiani di fatto, stranieri di diritto… fino a quando?

Comunicato di Avatar di VpratttVprattt | Pubblicato Lunedì, 25-Nov-2013 | Categoria: Notizie
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