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Psicologia clinica interviste e colloqui

La qualificazione usata per designare questo campo della psicologia - l'aggettivazione "clinica" - appare in prima istanza fuorviante: essa rimanda infatti, se non altro per il potere di connotazione legato ad una tradizione culturalmente più forte, al "modello medico" di intervento, at-traverso il quale viene affrontata e trattata la patologia somatica degli individui. Tuttavia è possibile rivendicare la proprietà per la psicologia, nel suo versante applicativo, di una simile aggettivazione che, a ben guardare, può in realtà essere ricondotta ad almeno quattro significati, tutti di particolare pregnanza per un orientamento dichiaratamente "psicologico".

L'aggettivo "clinico" può essere infatti riferito: 1)ad un approccio alla realtà di studio e di intervento basato sul rapporto interpersonale;2)ad una metodologia di studio della realtà medesima fondata sull' osservazione diretta e sistematica di vari individui con l'obiettivo di isolare elementi comuni e quindi tipici o all'opposto differenziali;3)all’utilizzo di una prospettiva "storica"; 4)ad un sistema di formazione basato sull'esperienza diretta di una realtà piuttosto che sull’uso di modelli artificiali. Come si vede tutte le dimensioni cui si è fatto riferimento - importanza prevalente del rapporto interpersonale, dell'osservazione del comportamento degli individui in relazione a variabili spazio-temporali e più in generale contestuali, dell' esperienza diretta - a buon diritto possono essere ascritte al campo teorico della psicologia. Possiamo riconoscere alla base della psicologia clinica da un lato una tendenza verso la conoscenza e la misurazione degli elementi che differenziano gli individui tra loro (prospettiva psicometrica), dall'altro un'attenzione ai problemi connessi con lo sviluppo della personalità e con il tentativo di definire un modello sufficientemente comprensivo e coerente dell’organizzazione e funzionamento psichici, anche in relazione ad un’azione di recupero o terapeutica (prospettiva dinamica).In ogni caso POSSIAMO INDIVIDUARE UN INTERESSE PER UNA CARATTERIZZAZIONE DELLA PSICOLOGIA COME DISCIPLINA LEGATA AD UNA PRASSI, SIA CHE TALE PRASSI SI DEFINISCA COME PREVALENTEMENTE ORIENTATA ALLA VALUTAZIONE DELLA PERSONALITÀ DEGLI INDIVIDUI, CHE ALLA TERAPIA DI DISTURBI PSICHICI CON STRUMENTI PSICOLOGICI, O ALLA RICERCA SCIENTIFICA IN TALI AMBITI. In questa luce la psicologia clinica appare da un lato ancorata ai presupposti di base  della psicologia, dall'altro impegnata sul terreno dell'intervento. Le due prospettive principali, non mutualmente escludentisi, ma anzi in continua reciproca connessione, appaiono così essere: QUELLA CHE RICONOSCE ALLA PSICOLOGIA CLINICA IL COMPITO DI DEFINIRE E/O CONTROLLARE LEGGI GENERALI DEL FUNZIONAMENTO PSICHICO E QUELLA CHE LA INDIVIDUA COME APPLICAZIONE DI CONOSCENZE GIÀ ACQUISITE SU CASI "INDIVIDUALI".

La necessità di una teoria generale in psicologia clinica è da diversi anni al centro di un vivace dibattito: oggi, per la psicologia clinica, appaiono comunque acquisiti alcuni punti, anche se non in modo univoco. Vale la pena di ricordarli:1)il suo rapporto con la psicologia dei processi di base;2)il suo rapporto con la psicologia dello sviluppo;3)il suo rapporto con la psicologia sociale;4)la sua costituzione in relazione alla conquistata autonomia professionale dello psicologo e disciplinare della psicologia. L'oggetto di studio della psicologia clinica è unanimemente riconosciuto nell'individuo e in particolare nelle sue manifestazioni psichiche e comportamentali, siano queste ultime ascrivibili ai processi cognitivi che alle dinamiche emozionali, in riferimento a criteri di adeguatezza o inadeguatezza della condotta generale, o se si preferisce a parametri di funzionalità/disfunzionalità o di normalità/patologia. Il collegamento prevalente all'individuo e soprattutto all'individuo "problematico" ha tuttavia posto progressivamente in maggiore risalto l'aspetto del recupero di situazioni di difficoltà e/o disfunzionalità psichiche, soggettivamente esperite come "disturbo", "disagio", o simili. Le finalità conoscitive e di intervento sono così state progressivamente assimilate, per mimesi con il modello medico, alle pratiche di "diagnosi" e "terapia", con una particolare accentuazione su quest'ultima fino al punto di giungere spesso ad una sostanziale identificazione della psicologia clinica con l'attività della psicoterapia.

Tale prospettiva, tuttavia, si è progressivamente rivelata inadeguata rispetto alle possibilità di intervento e alla multiformità delle richieste che attualmente vengono avanzate agli psicologi clinici e che dagli psicologi clinici sono affrontate all'interno di quella particolare dimensione di operatività psicologica che chiameremo consultazione psicologico clinica.

UNA CONSULTAZIONE PSICOLOGICO CLINICA IN REALTÀ NON È NECESSARIAMENTE RIVOLTA SEMPRE E SOLTANTO AD UN INDIVIDUO, NÉ SEMPRE E SOLTANTO È FINALIZZATA AD UN SUCCESSIVO TRATTAMENTO PSICOTERAPEUTICO.

Non sono sempre e soltanto individui, infatti, a porre una domanda di intervento ad uno psicologo clinico, né la domanda è comunque volta ad ottenere una psicoterapia.

Gli esempi di tali potenziali "altri" utenti sono numerosi: scuole, università, organizzazioni produttive o sanitarie, carceri, enti locali, comunque strutture sociali; sul piano "individuale" poi, possiamo avere richieste di consulenza intorno a tematiche quali gravidanza, aborto, adolescenza, sessualità, intorno alle problematiche poste dalla tossicodipendenza o a quelle proprie delle malattie terminali. È evidente che in tutti questi casi e in molti altri ancora assumere la prospettiva propria del modello medico di intervento secondo la tradizionale configurazione della diagnosi cui fa seguito la terapia, non è perseguibile: ciò che viene chiesto non è infatti esattamente sovrapponibile ad una richiesta di cura.

Se è vero che è in aumento una domanda di interventi psicologici non strettamente connessi alla richiesta di psicoterapia, è pur vero che il modello medico della relazione fra un "malato" e un “esperto della salute” conserva una presenza ingombrante, ma forse culturalmente inevitabile, nella richiesta di un intervento psicologico clinico.

 

 Una o tante psicologie cliniche?

 

È evidente che le situazioni sopra delineate sembrano definire tante diverse "tipologie" di quella che abbiamo chiamato consultazione psicologico clinica.

Una simile considerazione può ovviamente condurre a ritenere che vi siano tante distinte funzioni della prassi psicologico clinica e di conseguenza a ritenere vera una delle due opzioni seguenti:

TALI FUNZIONI NON HANNO ALCUN RAPPORTO TRA LORO oppure ESSE SONO IN QUALCHE MODO UNIFICATE IN QUANTO, PUR NELLA DIVERSITÀ ED ETEROGENEITÀ DELLE SITUAZIONI PROPOSTE, PRESUPPONGONO UN MINIMO COMUNE DENOMINATORE. RIMANDANO CIOÈ AD UNA MODALITÀ CONOSCITIVA RIFERITA COMUNQUE SEMPRE AD UN UNICO ELEMENTO-BASE, AD UN MEDESIMO OG-GETTO. TALE OGGETTO È L'INDIVIDUO, O MEGLIO COME GIÀ DETTO, IL SUO COMPORTAMENTO E IL SUO FUNZIONAMENTO PSICHICO. Quest'ultima strada è stata già percorsa, con risultati, a dire il vero, che non sembrano molto confortanti per la psicologia clinica. L'impostazione che sostiene una simile opzione metodologica rimanda a quello che è stato definito il "pregiudizio individualistico".Ma, è possibile intravedere un'altra possibilità oltre quelle proposte? Ritengo, e non sono il solo, di poter rispondere affermativamente a questa domanda.

All'interno della eterogeneità delle richieste di intervento psicologico cui abbiamo fatto rapidamente cenno, è possibile, infatti, porre in risalto almeno tre elementi, per così dire comuni, di particolare rilevanza: LA RELAZIONE, IL CONTESTO, LA RICHIESTA  

Comunicato di Avatar di gendolavignagendolavigna | Pubblicato Sabato, 16-Gen-2010 | Categoria: Notizie
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